La Castella di Persico, cascina cremonese edificata sulle fondamenta del fortilizio romano risalente al VI e VII sec. in frazione di Persico, oggi Comune di Persico Dosimo, distante un miglio e mezzo dalla città di Cremona, faceva parte della centuria romana posta a nord della città a difesa dei barbari.
La trasformazione da fortilizio in cascina può farsi risalire alla fine del X sec.
La mancanza di documenti attendibili non rintracciabili presso gli Archivi di Cremona in relazione alle diverse proprietà della cascina che si sono succedute in un arco di tempo molto lungo, condizionano in maniera determinante la ricostruzione storica.
Tuttavia si può far risalire ai Delmona, antica famiglia cremonese, la proprietà e la conduzione della cascina all’inizio dell’anno Mille.
I Persico, che in feudo avevano molte proprietà terriere a nord di Cremona e lungo il corso del fiume Oglio, diedero il loro nome al villaggio su cui era insediata la struttura militare.
Alcuni documenti attestano che tale villaggio fosse in "Corte" Bersigo ma i toponimi, molto spesso inquinati da storpiature linguistiche, furono più d’uno: da Bersigo a Persigo, Persich fino al nome corretto Persico appartenente ad una famiglia di "Milites" prima, Exsercitales e Decurioni successivamente, presenti sul territorio cremonese da lunghissimo tempo. Anche i Persichelli (ramo proveniente dai Persico) ebbero a loro volta in feudo il territorio sul quale crebbe il villaggio di Persichello.
Verso la fine del primo millennio i frati benedettini di Nonantola entrarono in possesso di quanto era rimasto dell'antico fortilizio e costruirono la cascina bonificando i terreni agricoli circostanti.
Allorquando il ducato di Milano passò sotto il potere della casa d’Austria, molte guerre scoppiarono tra gli spagnoli e i francesi.
Cremona ebbe poco a soffrire di questa situazione in quanto il teatro di guerra era per lo più in Piemonte e nella Lombardia occidentale.
La scena cambiò tra il 1647 e il 1648 in quanto la città fu investita da vari eserciti e nel mese di giugno del 1648, allorquando la cascina era già trasformata in presidio militare spagnolo, si trovò al centro di una battaglia cruenta e subì l’attacco di un contingente francese.
Non si conosce l’esito di questo combattimento ma è da presumere che la struttura avesse subito ingenti danni.
Nell’anno duemila, acquistata da Valeriano Pozzi che sapientemente ha effettuato l’opera di recupero e di ristrutturazione delle parti murarie, è stata trasformata in Centro Congressi e Centro Servizi per il Turismo con la denominazione di "Relais Convento".
L’attribuzione di "Castella" alla cascina di Persico, forse in parte arbitraria, veniva attribuita a quelle strutture agricole che a scopo difensivo erano provviste di torrette d’avvistamento e del fossato.
Non si sa se la Castella avesse una o più torri ma è certo che fosse protetta lungo il suo perimetro da un fossato.
Ciò è anche documentato dalla mappa del Censimento Teresiano del XVIII sec.
Dunque la Castella, verso l’anno Mille, si trasformò in una tipica cascina cremonese a forma di quadrilatero e, come altre cascine similari, alcune molto grandi, capaci di contenere anche decine di famiglie, era provvista di un accesso frontale per il passaggio dei lavoranti, dei carri e dei cavalli e di un’apertura sul retro per accedere ai campi.
A differenza di quelle dell’alta Val Padana che erano a "U", gran parte di quelle poste sul territorio cremonese avevano la caratteristica prima ricordata.
Le chiavi dei portali erano saldamente tenute nelle mani del proprietario o del fattore così la cascina cremonese, edificata in vaste proprietà di terreni coltivati prevalentemente a cereali, distante dai centri urbani, costituiva un "unicum" a sé.
Un sistema totalizzante per un processo economico i cui benefici andavano innanzitutto al proprietario e, a seguire, al fattore o affittuario; un potere gerarchico che poneva il contadino all’ultimo posto della scala.
Anche per le strutture interne, l’abitazione del contadino era ritenuta di minore interesse rispetto alla stalla, all’aia, alle barchesse, ai fienili e ai portici.
La cascina, chiusa all’esterno per proteggerla dai banditi e dai questuanti, era chiusa anche all’interno.
Ciò nonostante agli abitanti della cascina era consentita una libertà di movimento che andò invece fortemente limitandosi nei secoli successivi e soprattutto nel XIX sec. allorquando l’isolamento verso l’esterno cominciò a creare problemi di carattere commerciale e anche sociale, tanto da produrre i primi movimenti di ribellione nei confronti della proprietà.
La grande innovazione verso lo "status" del contadino, venne dalla Chiesa che all’inizio del XIII sec. riconobbe "dignità" ai lavoranti. Fu una rivoluzione che non diede però veri vantaggi ai contadini che ancora per molto tempo rimasero "prigionieri" all’interno della cascina, dove la vita scorreva secondo un ritmo di costante dura fatica scandito dal sorgere e dal calare del sole.
Nella "Storia e storie Cremonesi del Medioevo" la Castella fu testimone delle vicende sociali, politiche ed economiche del territorio e assistette alla straordinaria ascesa dell’Associazione dei Mercanti Cremonesi fra il VII-VIII sec. sino alla seconda metà del XIV, allorquando la Città perse il suo potere sulla navigazione del Po.